martedì 23 aprile 2013

Le luci del Luna Park, ai tuoi occhi, ogni anno brillano meno.

Reggio non è mai stata Coney Island.
Così come la Calabria non è come una di quelle regioni che hanno a disposizione parchi giochi come Gardaland, Mirabilandia e via di seguito.
Qui, il massimo era l' Acquapark di Zambrone, che comunque non aveva nessuna attinenza con le giostre.
Per un ragazzino degli anni '80-90 dell' ex capoluogo di regione della Calabria non restava altro da fare che attaccarsi al cazzo e accontentarsi degli scivoli di qualche piazzetta cittadina o di quelle quattro giostrette della Villa Comunale.
Autoscontro per piccini, la giostra dei cavalli, un trenino e poco altro.
Di solito si spaziava con la mente al mese di settembre, mese di gioie e dolori.
Gioie per l' arrivo della Festa Patronale con bancarelle e giostre annesse, dolori per l' imminenza di un nuovo anno scolastico.
Ma l' attrattiva delle giostre aveva sempre la meglio e alla scuola finivi col non pensarci per nulla.
Io ero uno di loro.
Amavo le giostre così come anche le bancarelle.
Amavo i profumi, quell' odore di salsicce e peperoni, di patatine fritte e zucchero filato, le miriade di lucette colorate, ero come Pinocchio nel Paese Dei Balocchi, tale e quale.
L' attrattiva era irresistibile.
Era anche un modo per mettersi alla prova, per finalmente scoprire se avevi il coraggio di salire dove non eri riuscito a salire prima, per paura o perchè eri troppo piccolo per farlo.
Nel momento in cui ricevevi il permesso di salire sul Galeone, La Ballerina o Il Ranger ti sentivi grande, ti sentivi arrivato.
Allo stesso modo quando avevi la libertà di poterci andare da solo con i tuoi amici, quelle primissime volte in cui potevi far tardi, quelle volte in cui i tuoi ti aspettavano ancora alzati a notte inoltrata, in cui avevi voglia e forza di fare chilometri e chilometri a piedi tra andata e ritorno.
Le giostre erano anche una sorta di microcosmo sociale, con i suoi usi e costumi.
Giostre che erano un punto di ritrovo per la Reggio "bene" come il Music Express, con i suoi fumogeni e la musica a palla.
Giostre che raccoglievano il marciume della città come il Takadà, la giostra per eccellenza dei mafiosi e di tutti coloro che si volevano mettere in evidenza.
Giostre come i classici Pungiball dove trovavi solitamente quelli più grandi, che si facevano i fighi davanti alle fidanzate.
Più bancarelle che erano delle vere e proprie bische clandestine come il classico gioco dei dadi.
Chiudevano il tutto sale giochi, case dell' orrore ( che adoravo) e giostre per piccoli, che dal Bruco in giù chiudevano il cerchio di tutto.
Sia chiaro, nel Bruco ci salivo anch' io e quando entravamo nella mela urlavo come tutti gli altri. :-)
Alcuni dei miei più bei ricordi stanno lì, ed i fantasmi di essi, ritornano tutti i mesi di settembre a trovarmi.
Mi capita quasi ogni anno di andarci, di rivivere con lo sguardo e l' olfatto gli odori e i fasti di un tempo, ma allo stesso tempo di rendermi conto che quel tempo è finito ed appartiene ormai ad altri.
Le giostre ( quando vengono perchè ogni anno sono sempre in dubbio) continuano a girare, noi abbiamo smesso di farlo.
Per citare un libro di Ray Bradbury che adoro, che parla proprio di un Luna Park stregato, io ormai appartengo al Popolo Dell' Autunno.


 

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